Leggo le righe di quella bella penna che fu Edmondo Berselli, che di costume ha scritto molto. Sono continui sussulti di memoria, che mi riportano a una vita fatta a carta carbone, dai padri democristiani, ai nonni socialisti, alla prima seicento caricata al limite per le vacanze, alle tribune politiche e ai musichieri della prima televisione. Dagli anni faticosi a quelli del boom economico, anche troppo esplosivo. 
In queste pagine, anche parole dei testi di brani musicali; non le leggo, la mia mente le canta. Strano, perché sono di canzoni che credevo di aver rigettato, in quel furore contestatorio. Se mio padre ascoltava con occhi lucidi gli acuti di Claudio Villa, lo guardavo un po' schifata, ma lui amava quelle arie aperte, le sonorità maestose delle  mattinate leoncavallesche e quella Granada città dei fiori.  Mamma aveva una sorta di cotta musicale per Achille Togliani, ma le piacevano Gorni Kramer e Natalino Otto, swing e un minimo jazz, quelle note che ora amo anch'io. Insieme, loro, qualche serata al mare ad ascoltare le Betty Curtis e voci simili ed erano felici
Continuo la lettura, continuo a rivedere tanti fotogrammi di quello che ho vissuto, ma che Berselli, mancato troppo presto, raccontava con la profonda leggerezza che gli era propria 
Mi rituffo allora in quel nostro piccolo mondo, ormai molto antico, fatto di gonne a ruota, vendite di francobolli anti TBC, maestri unici, politici galantuomini e cattolicesimo invadente, 
Poi sarebbe stato il sessantotto
Un'altra storia

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