Una delle cose che odio fare è sistemare gli armadi: sto male e già mentre mi accingo, subisco un processo di derealizzazione, ma nonostante l'ansia e credo sia fra le poche cose rimaste a crearmela, mi tuffo fra le ante come in un mare in tempesta. Vero, sono soggetto che gli psicocosi avrebbero interesse a studiare. Comunque stamattina in un'illusione di tempo clemente, ho deciso di affrontare la COSA. Non ricordavo di avere felpe che probabilmente portava mia figlia al liceo, ma che, per qualche ghiribizzo legato alla moda, riesco felicemente a indossare. Lieti ritrovamenti, anche in una serie di maglie molto over, nere e ormai sulla via del declino tessile, con i relativi leggins, e meraviglia, una vecchia postina blu di Borbonese, molto vintage. Dopo aver buttato nell'indifferenziata cose inguardabili, aver separato i capi da neve da quelli estivi e non voglio sapere come si siano mischiati, aver deciso di rimandare la stiratura della biancheria da casa a un domani lontano, preparato una prima lavatrice, deciso di buttare, ma al momento accantonato, un vecchio bukara, ho chiuso tutto con quella soddisfazione che prende quando si è portato a termine un compito ingrato, ma necessario. Quasi felice, insomma.
Per qualche giorno sarà tutto un ordine, forse qualche ora.
Poi dovrò riflettere su quello che potrei portare in città o meno
Sfinita come se avessi scalato il Cimone: non ha un senso logico, ma è così che mi sento
Merito un sacrosanto riposo.
Mi aspetta la leggerezza con Alan Bradley e le avventure di Flavia Luce, lettura adeguata al momento, a calmare le uggiosità mentali. Una volta all'anno, quella ragazzina inglese, con le sue vicende astruse, in contesti tanto british, quanto impossibili, mi fa sorridere e un po' sognare su quello che mi sarebbe piaciuto essere. Il sogno, davvero, di un'allora ormai lontano