Mi perdo nel tentativo di mettere ordine nella mia camera. Quel mondo tutto mio, in cui le cose non hanno stabilità, ma vittime del mio stesso nomadismo, cercano perennemente il loro altrove.
Mi circondo di quello che può dare sicurezza o sollievo alle mie notti sconclusionate. Voglio poter allungare la mano e trovare il libro, sentire nella schiena il tablet, sapendo di poterlo usare al bisogno; ci scrivo, magari, prendo note e con la sua retroilluminazione non ho necessità di accendere luci. Se la lettura mi stanca troppo gli occhi, se i pensieri assumono forme moleste, è utile per vagheggiare sul web. Il sonno, poi, mi ritrova, lo so, breve magari, ma basta.
Gli auricolari sempre a disposizione. La musica notturna è solo una playlist di classica specifica per rilassarmi: non potrei ascoltare altro. Solo note, non parole
Come puoi vivere così, mi chiede il compagno di vita, ma non va oltre, mi conosce da sempre, brontola, ma non si aspetta risposta. Io accetto il suo puntiglioso ordine in cui riesce a perdere cose, lui il mio caos dove riesco a trovare tutto, in una sorta di ossimoro vivente
Una cosa non c'è nella mia camera: uno specchio. Citando e parafrasando De André, non voglio trovarmi a faticare, guardandomi allo specchio e cercare di confrontarmi con la mia immagine o con il ricordo di una me diversa
Tiro le tende, lascio fuori luce eccessiva e i rumori. Dentro la solita penombra e l'essenza di gelsomino del potpourri sulla scrivania, a rasserenare in questa stanza davvero tutta per me