Sei strana. 
Sei difficile.
Me lo sono sentita dire centinaia di volte
Ogni volta ci rimanevo male
Ci rimanevo male e piangevo. Fin da bambina. Insofferente.
Perché mi etichettavano e io odio le etichette
Poi che cosa si vuole davvero intendere con questa definizione, mi chiedevo?
Eri *sgrunt*, dice la mia amica: ti si leggeva in faccia il disappunto. L'ho già scritto. Disappunto, certo, ma più facilmente disagio
Il disagio di vivere situazioni che non mi piacevano, di osservare cose che mi lasciavano perplessa, sentire che c'erano cose stonate. Cose acuite con gli anni. Ancora di più oggi. 
Ecco, come un maestro riesce a sentire una voce dissonante anche in un coro, mi capita di notare il minimo sfregio anche se sottotono.
Mi allontano da questo, forse ferisco, perché non comprendono e spiegare le sensazioni non è semplice. Spesso non voglio, perché è inutile. Non si capirebbe comunque, forse non si vuole ascoltare. 

Più semplice, in ogni caso, definire: sei strana, certo. 
Intuitiva, istintiva: fanno sembrare diversa, forse é vero, ma è una sorta di maledizione.
Non mi piego. Alcune cose diventano rifiuto fisico, malessere. 
Qualcuno usa velati insulti, tentativi di rimprovero, piccole prese in giro. C'è chi sogghigna o lo ha fatto. Ho memorizzato... Ora abbozzo, però. Non ci rimango male, non più. Non piango: perché dovrei? Io mi sento normale, perché non saprei identificarmi diversamente, non mi sarebbe possibile. 
Mi ritiro dunque nella mia solitaria normalità  e lascio anche agli altri vivere la propria altrettanto normalità, o stranezza. Fate voi. 
Rispettate, però è se non ci riuscite il problema non è mio, ma vostro






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